Cima Capezzone e Cima Lago (Campello Monti – VB – ) La selvaggia valle Strona

di Mauro Carlesso – scrittore e camminatore vegano

Periodo: Estate/Autunno

Raggiungere Campello Monti ha già di per se un fascino particolare. È un luogo di storia, cultura e di confine: oltre si può andare solo a piedi. E oltre ci sono solo montagne dure e faticose usate nei secoli per una sopravvivenza oggigiorno improponibile. La Cima Capezzone è la montagna più alta di questa valle selvaggia e solitaria e salirla consente di tuffarsi in un ambiente che emotivamente lascia incantati.
La salita non presenta difficoltà tecniche ma oltre alla fatica chiede un po’ di attenzione nel canalino che dal Lago sale alla Bocchetta.

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L’itinerario
Da Gravellona Toce si raggiunge Omegna da cui si risale interamente la Valle Strona passando da Forno fino a Campello Monti dove ha termine la strada. Si parcheggia l’auto all’ingresso del grazioso villaggio walser “chiuso” per otto mesi all’anno e che solo in estate si anima di villeggianti e di escursionisti. Ci si avvia verso la settecentesca Parrocchiale di San Giovanni Battista tardo barocca e si risale l’erta scalinata al termine della quale si segue la mulattiera a sinistra (freccia) incontrando poco dopo delle paline con indicazione ‘’Cima Capezzone’’. Da questo punto si inizia la lunga salita transitando dagli alpeggi Alpe Piana di Via (mt.1715) e Alpe Capezzone (mt.1845). Sempre su buon sentiero si raggiunge l’incantevole Lago Capezzone sulle cui rive è posto il bivacco in muratura Abele Traglio (mt. 2106). Da questo luogo si tralascia il sentiero di sinistra che porta alla Bocchetta delle Vacche e si costeggia invece il lago sulla destra fino al suo termine per poi risalire faticosamente verso l’evidente bocchetta posta tra la cresta SW del Capezzone e la cresta NW della Cima Lago. Dalla bocchetta si piega a destra e per cresta un po’ sconnessa si raggiunge la vetta del Capezzone (mt.2421) con vista spettacolare sul Monte Rosa. Dalla cima si rientra alla bocchetta dalla quale si risale il facile fianco erboso che porta in breve sulla Cima Lago (mt. 2401) da cui si ha un’aggettante vista del Lago Capezzone. Si ritorna alla bocchetta dalla quale si scende con cautela ripercorrendo il facile percorso dell’andata fino a Campello.

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La nota storica
Nell’immaginario collettivo le miniere hanno sempre esercitato un fascino oscuro. Le condizioni di lavoro in particolare esercitano un sentimento di povertà e di precarietà per i lavoratori. Ma anche il minerale estratto ha un suo fascino particolare: oro, diamanti, ferro, rame etc. E proprio a Campello Monti per circa un secolo si è esercitata l’estrazione di un materiale inconsueto: il nichel. Dal 1865, anno di inizio dello sfruttamento della vena, fino al 1949, quando cessarono le concessioni Ministeriali, si sono avvicendati svariati proprietari. Dal sig. Arienta, al notaio Ferrari, dal barone Hartogensis, di Berlino all’ing. Dolcetta di Vicenza prima del turno di svariati Enti. Ma tutti questi interpreti di un epoca hanno dovuto arrendersi alle molteplici difficoltà operative: durezza della roccia, verticalità del terreno che non consentiva di lavorare agevolmente, ripidità dei canaloni che solcano le pareti nelle quali erano aperte le miniere che, soggetti a continue valanghe, ne limitavano l’attività. Ed infine la concorrenza delle nuove miniere in Canada e Nuova Caledonia hanno decretato la fine di quel lavoro affascinante ma disumano. Di quel misero periodo si può ancora osservare dal parcheggio basso di Campello fino alla località Ronco un tratto della teleferica che portava il minerale dai cantieri agli impianti di lavorazione e dove esiste ancora un deposito del materiale di scarto.

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La scheda
Località di partenza: Campello Monti (mt.1305) –NO-
Località di arrivo: Campello Monti
Cime sul percorso: Cima Capezzone (mt.2421), Cima Lago (mt. 2401)
Dislivello: mt. 1120 circa
Tempo di percorrenza: ore 4,30 (soste escluse)
Difficoltà: EE

Per un pranzo al sacco Veg
Un suggerimento per un gustoso pranzo al sacco vegano a impatto zero: hummus di ceci e carpaccio di barbabietole

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, sezione Turismo Sostenibile

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La montagna, maestra di vita

di Marilena Ramus

Con le giornate caldissime che si sono susseguite durante tutta l’estate, chi ha potuto è fuggito dalla pianura, dalle città per andare al mare, ma soprattutto in montagna, per un giorno, una settimana o più a lungo con la speranza di trovare riposo, ombra e aria fresca. Abbiamo visto lunghe file di macchine risalire le valli.
Tanti si sono fermati a pochi metri dalla macchina, ripetendo gesti e abitudini della vita quotidiana cittadina, prigionieri della stanchezza accumulata, di paure, di idee prestabilite; altri, invece hanno deciso di cogliere l’occasione per scoprire un ambiente nuovo, la bellezza, la potenza, i segreti della montagna che ha tante cose da dare e da insegnare a chi apre gli occhi e il cuore e vive in sintonia con lei.
Appena guardi le piante o le vette, alzi anche gli occhi verso il cielo, sei affascinato e presto decidi di inoltrarti in quel mondo sconosciuto. Già con la prima camminata, impari che è meglio partire presto, col fresco, per scoprire con i primi raggi di sole, la natura che si risveglia, i canti degli uccelli, piante e profumi di fiori che sbocciano. È un’esperienza straordinaria poter osservare la delicatezza e la straordinaria bellezza di una pianta in fiore che ha una potenza di vita tale da poter crescere in condizioni estreme di caldo e di siccità, capace di adattarsi, sviluppando con una vera intelligenza, strategie nuove e umilmente riconosci che le piante quest’estate sono riuscite a farlo meglio di te.

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Se parti col passo del cittadino frettoloso e il respiro corto, scopri ben presto che ti manca il fiato, che il cuore accelera e che ti devi fermare e mentre sei lì, talvolta quasi preoccupato, a chiederti se proseguire o riscendere a valle, ti tornano in mente parole già sentite da bambino: “Attento, in montagna non si corre! Il cammino è lungo, la meta è lontana, ognuno deve trovare il proprio passo, camminare secondo la forza delle proprie gambe. In montagna, non si può procedere senza la misura giusta perché altrimenti, lei ti ferma.
Dopo la sosta, trovi il ritmo giusto e inizi a sentire sotto i piedi, la terra con tutte le sue componenti, terra secca, fango, sassi, roccia, ghiaia, erba, radici e rami secchi, salite, discese, e più consapevole, giri ogni tanto la sguardo verso l’alto e scopri il cielo limpido che sembra scendere tra le chiome degli alberi. È un richiamo! Ecco il segreto: non camminare con la testa tra le nuvole perché la legge della montagna non lo permette, ma essere presente con tutto il tuo essere, tra terra e cielo, in unità perfetta con la Natura. Allora, come per magia, le chiacchiere inutili, quelle della mente soprattutto, svaniscono. Senti il silenzio, godi la pace esterna, ma anche interiore e percepisci la vita che scorre dentro di te, ti senti diverso, in armonia con te stesso e con gli altri. Riprendi il cammino più consapevole di tutto ciò che ti circonda, come se gli occhi si fossero spalancati su una realtà nuova, ma la montagna è sempre quella! Sei tu che sei cambiato! Quando arrivi in cima, ad alta quota, ti guardi attorno; visuale a 360°, paesaggi grandiosi, mozzafiato, l’aria è più leggera, più fine, quasi inebriante e rimani lì, sospeso tra terra e cielo, assorbendo tutta quell’energia, quella luce, quel silenzio che rigenerano tutte le cellule del tuo corpo.
Poi, tornando a te stesso: “Non pensavo di essere capace di farcela ad arrivare fin qui!” e scopri che i limiti non esistono! Sei tu che li crei, col tuo pensiero e con le tue paure, ma in realtà non esistono! È bastato un atto di volontà, “voglio andare lassù”, un pizzico di coraggio per togliere il freno dell’ansia di fronte all’ignoto e un filino di perseveranza che ti accompagna durante tutto il cammino, “dai che ce la fai”, facendoti dimenticare o accettare stanchezza e dolori vari. E lì, ti senti come una pianta, un’antenna tra terra e cielo, percepisci che sei una particella dell’Universo, l’unico essere vivente che ha i piedi sulla Terra e, in cima alla colonna vertebrale, la testa nel Cielo; senti che le energie del cielo e della terra invadono il tuo corpo e il tuo cranio, fatto a volto come il firmamento, sul quale si riflettono tutte le costellazioni vicine e lontane. Una sensazione d’infinito ti avvolge e staresti lì, in quel posto, in quel momento magico che vorresti trasformare in eternità. Ma è ora di intraprendere la discesa, la cima finisce in basso quando arrivi sul prato, ma tu sai già che la montagna un giorno, ti richiamerà.

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, sezione Turismo Sostenibile

L’Edera tra libertà ed unione

di Ossian D’Ambrosio

Seguendo la tradizione del calendario arboreo celtico, il periodo che va dal 30 di Settembre al 27 Ottobre è dedicato all’edera che in gaelico antico si chiama Gort.
Siamo alla fine della vendemmia e vicini al portale della parte oscura dell’anno con la festività del Samonios (Samhain – Halloween), per questo la pianta assume una forte connotazione magico spirituale, sempre seguendo la trama della magia degli intermedi e prima di varcare la soglia della fine dell’estate. Essa è considerata una pianta parassita dalla maggior parte degli uomini moderni che non ne comprendono la sua vera essenza. Infesta le altre piante non sempre per distruggerle, ma più che altro per proteggerle da agenti che potrebbero danneggiare il loro legno (radiazioni inquinanti) e spesso continua a vivere anche quando la sua pianta ospite è morta, a simboleggiare che la vita continua anche dopo, nell’infinito ciclo di morte e rinascita. L’edera ha un potere feroce e determinato. La sua abilità risiede nel fatto di poter legare diversi alberi insieme e di bloccare il passaggio verso il bosco. Molto spesso soffoca ed uccide gli alberi, persino la più imponente Quercia.

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L’aspetto distruttivo dell’Edera però è sempre un avvertimento, perché essa rappresenta la ricerca del Sè e l’anima errante alla ricerca dell’illuminazione.
In questo periodo bisogna operare per connettersi maggiormente con la parte più introspettiva di noi e l’edera ci aiuta ad allontanare la negatività dalla nostra vita e creare una barricata contro ciò che ci danneggia.
Nel mondo magico viene utilizzata per rituali di guarigione, protezione, cooperazione ma anche per potenziare il legame tra due amanti. Le corone fatte di edera venivano indossate anche dagli sposi, proprio per il potere di “legare” gli amori ma non solo. Essa detiene anche la proprietà di concentrare maggiormente l’attenzione, rinsaldare la forza di volontà ed espandere la coscienza, specialmente quando la corona è fatta di foglie fresche ancora vibranti di forza vitale.
Anche il culto di Dionisio, snaturato con il tempo, vedeva nella corona di edera un modo per neutralizzare gli effetti indesiderati dell’alcol, in quanto bere era un modo per entrare in comunione con lo Spirito del Vino (Dionisio) che era associato alla vegetazione e alle sue divinità.
Un canto tradizionale inglese del solstizio d’inverno, “The holly and the Ivy”, descrive le due piante agrifoglio ed edera in un trionfo dualistico tra uomo (Agrifoglio) e donna (Edera) che si completano l’uno con l’altra come lo Yin e lo Yang. L’edera vi legherà ad altre anime, perché se il vostro vagare verso un unico concetto vi porterà solamente verso un danno ed una restrizione, se riuscirete ad abbracciare più concetti ed avere confidenza con più percorsi, potrete mettervi in contatto con la vostra reale libertà e le vostre risorse più intime.

L’agrifoglio e l’edera
quando entrambi cresciuti in pieno sono
di tutti gli alberi nel bosco
l’agrifoglio porta la corona.
Il sorgere del sole
il correre del cervo
il suono dell’allegra ghironda
è dolce cantare in coro.
– Ossian

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, sezione Benessere Corpo e Mente

Medicina Cinese – La via del polmone, la via del lasciare andare

di Paola Massi, operatrice tuinà

La Medicina Cinese, ascoltando e osservando la natura, ha associato la stagione dell’autunno all’elemento metallo e al polmone (n.06 settembre 2016 Vivere Sostenibile Alto Piemonte). I Polmoni governano il Qi, o energia vitale, inviandolo in tutto il corpo per nutrire i tessuti e promuovere i processi fisiologici. In particolare, hanno il compito di inalare l’aria. Per questo e per il fatto che influenzano la pelle, i polmoni sono l’organo più esterno, l’organo intermediario tra l’organismo e l’ambiente, quello deputato alla gestione dei rapporti sociali. L’approccio della Medicina Cinese non è solo di tipo puramente organico, poiché ogni organo ha a suo carico anche il controllo di determinate qualità caratteriali, emozionali e spirituali. In questa ottica, coltivare il polmone significa sviluppare la virtù di lasciare andare. Il polmone governa questo movimento fisico-emozionale-spirituale: inspiro-trattengo-espiro / ricevere-accettare-lasciare andare. I classici antichi cinesi affermano che la liberazione dal tradimento, dal trauma, dal dolore non dipende dal modificare la propria vita, ma dalla capacità di perdonare propria del Polmone. Come il respiro che non può essere trattenuto per sempre ma è necessario lasciarlo andare, così la chiave di volta del Polmone è l’espirazione.

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Non è il cambiamento che porta alla grazia, ma la capacità di lasciare andare. Imparare a perdonare se stessi e gli altri. Per permettere al Polmone di svolgere il suo compito, si deve cercare di vivere senza bisogno di ricevere scuse. Qualunque azione viene compiuta dagli altri non costituisce un motivo per giustificare a se stessi il proprio modo di essere, quei torti subiti non devono avere alcun effetto sul nostro comportamento. Le proprie azioni non dipendono da quanto di negativo viene dagli altri, ma dalla propria responsabilità. Sentirsi quindi dipendenti e condizionati da quanto si è subito dalle altre persone è un sabotaggio del proprio meridiano del Polmone, la cui essenza è rappresentata dal vivere non sentendosi impediti da qualcosa che è stato compiuto da altri. Essere molto presenti. La vita ideale si basa su questa piena responsabilità verso se stessi e questa piena indipendenza dagli effetti negativi delle azioni altrui.

Per vivere è necessario inspirare ed espirare e la vita non finisce inspirando ma espirando; si deve raggiungere per quel momento la capacità di sentire che non c’è nulla che non si possa lasciar andare. Questa è la vera felicità che viene invece spesso confusa con il potere o il successo. In questa ottica è invece la capacità di vivere consapevolmente il momento, perché quel che arriva va anche via: la felicità è godere del momento presente, non è trattenere, perché niente è permanente, così come il respiro. Quello che si porta nella vita si porta anche nella morte. Per coloro che credono nella reincarnazione, quello che si porta nella morte è quello che si deve riportare indietro nella nuova vita.

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, sezione Benessere Corpo e Mente

Acqua futura

di Enrico Marone

Da quando, qualche giorno fa (18 settembre) ho seguito la trasmissione Rai “Presa Diretta” dedicata al capitale naturale, mi è rimasto impresso un dato. Secondo la definizione della Commissione Europea il suolo da cui ricaviamo il cibo, le materie prime che ci servono per costruire le nostre abitazioni e realizzare gli abiti che indossiamo, l’acqua potabile che beviamo e l’aria pulita che respiriamo è un insieme di elementi che messi insieme formano il “capitale naturale”.
Nell’intervista ad un tecnico, quest’ultimo diceva che entro il 2100 tutti i ghiacciai delle Alpi sarebbero scomparsi. Informazione già di per sé molto preoccupante, ma poco dopo nel servizio un esponente del CNR, parlando di acqua, diceva che il 53% dell’acqua dolce nel nostro paese viene fornita dai ghiacciai (quasi 70 miliardi di mc). Di tutta l’acqua che la Natura produce in Italia (oltre 139 miliardi di mc) ad oggi noi ne consumiamo circa 132 miliardi. Ne rimane poca.
Ed a questo punto la drammatica equazione è presto fatta. Man mano che i ghiacciai scompariranno, anche l’acqua dolce diminuirà. Ci saranno zone più fortunate che ne risentiranno meno, altre che invece subiranno in modo grave questa perdita, in tutti i settori delle attività umane.

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Certo è che immaginare di vivere nello stesso modo di oggi avendo a disposizione meno della metà dell’acqua attuale sembra molto difficile. E qui mi vengono in mente le perdite delle condutture idriche dell’acqua potabile (una perdita media intorno al 35%), gli impianti di depurazione non realizzati o non funzionanti, gli impianti industriali a ciclo aperto (che non riutilizzano l’acqua), l’inefficienza di alcuni sistemi di irrigazione, ecc… Quanto cambieranno le nostre abitudini man mano che la disponibilità di acqua scenderà? Cosa non si potrà più fare e cosa dovremo fare in modo completamente diverso da prima? Facebook, Whatsapp, Apple, Microsoft né il più “figo” e tecnologico smartphone del mondo potranno risolvere un problema del genere. Non lo potranno fare neppure quei politici che in qualche modo sono legati ad interessi industriali, finanziari o commerciali, perchè qui si tratta di una risorsa essenziale per la vita delle persone. Ognuno di noi dovrà quindi impegnarsi nella prima e importantissima attività, quella del risparmio delle risorse e poi nell’informazione. Saranno decisive nelle scelte politiche e sociali, persone sempre più informate e consapevoli del mondo nel quale viviamo, non quello finto delle televisioni o dei giornali, ma quello vero della Natura. L’unica che può sostentarci.

E tu, come risparmi la tua acqua? Se conosci qualche buona pratica, abitudine o stai usando un metodo interessante per il risparmio dell’acqua, condividilo con noi. Saremo felici di pubblicare il tuo consiglio per far sì che più persone facciano come te.
altopiemonte@viveresostenibile.net

Per approfondire:
RAI Presa Direttahttp://www.presadiretta.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-8a47bc39-eda2-4d90-ae92-c567e2e08228.html

Capitale naturale – Commissione Europeahttp://ec.europa.eu/environment/basics/natural-capital/index_it.htm

Ministero dell’Ambientehttp://www.minambiente.it/pagina/capitale-naturale-e-servizi-ecosistemici

Primo rapporto sullo stato del capitale Naturale in Italia – http://www.minambiente.it/pagina/rapporto-sullo-stato-del-capitale-naturale-italia

http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/sviluppo_sostenibile/rapporto_capitale_naturale_Italia_17052017.pdf

Sprechi impianti idricihttp://www.lastampa.it/2017/03/21/scienza/ambiente/focus/oltre-un-terzo-dellacqua-si-perde-nella-rete-idrica-erP4wDOMKFbLusQW4O2RWI/pagina.html

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, sezione Scelte Ecosostenibili

LOST ENCORE – La voce dei luoghi abbandonati

di Mirko Zullo

Ben tornati all’appuntamento con la riscoperta dei luoghi abbandonati e dimenticati del nostro Paese. Il progetto LOST ENCORE, ideato e capitanato da Mirko Zullo, scrittore e regista di Verbania, è nato alla fine del 2015 e si è dato proprio questa missione: riscoprire le dimore abbandonate più importanti, per far sì di farle conoscere a più persone possibili, e di conseguenza sensibilizzare un pubblico sempre più ampio, smuovendo le coscienze, convincendo tutti che non solo stiamo perdendo la nostra storia, ma stiamo – ormai da troppi decenni – costruendo del nuovo in un territorio dove, invece, si potrebbe tranquillamente recuperare tanto di quanto già esistente.

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Vorremmo oggi parlarvi di una di queste famose dimore, situata nel Comune di Cannobio, sul Lago Maggiore, a pochi chilometri dal confine con la Svizzera. Si tratta del Preventorio Infantile Umberto di Savoia.
Inaugurato nel 1929, tale struttura ha definitivamente chiuso i battenti nel 1985. Il Preventorio giace dimenticato e decadente su di un sito molto esteso, con strada privata che sale dalla Statale sottostante.
Nel 1922 il Consorzio provinciale antitubercolare aveva acquistato in Cannobio l’area contigua all’antica abbazia di Sant’Eusebio, espropriata nel 1867, con l’intento di costruirci un sanatorio con oltre 160 posti letto. La struttura fu ultimata nel 1927, ma dichiarata inadeguata da subito. Dopo il rifiuto della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali di assumerne l’onere e la gestione, la Provincia di Milano acquisì l’edificio, mutandone la destinazione, ovvero facendone un luogo dove ricoverare bambini dall’età compresa tra i sei mesi ed i nove anni, con particolare assistenza a quelli esposti ad ambienti infetti dalla tubercolosi.
Difficile non restare affascinati e al tempo stesso tristemente spaventati dal livello di degrado ed abbandono in cui oggi si trova la struttura, fragile e silenziosamente pericolosa al suo interno. Il team stesso rinuncerà a visitare diverse aree per problemi di sicurezza.

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Non avendo finalità prettamente ospedaliera, le attività previste all’interno del Preventorio Infantile Umberto di Savoia erano perlopiù di natura didattica, attività motorie, ricreative e, come si legge negli statuti ufficiali, “per favorire l’evoluzione del loro tono psichico”.
E sarà proprio la componente psichica a delineare il futuro di questa splendida struttura italiana.
Dalla metà degli anni sessanta, infatti, il Preventorio Infantile Umberto di Savoia cominciò ad accogliere anche bambini problematici, per divenire infine – a partire dal 1974 – un vero e proprio Istituto medico psico-pedagogico.
Nell’agosto 1985 l’Istituto, la cui gestione dal 1° gennaio 1984 era stata trasferita all’USSL (l’Unità socio-sanitaria locale) n. 55 di Verbania, fu definitivamente chiuso. L’edificio fu in seguito abbandonato e ad oggi nulla si è concretamente fatto per cercare di recuperare la struttura.
Come sempre, potete seguire ed avere tutte le informazioni su LOST ENCORE tramite la pagina Facebook ufficiale, oppure riguardando tutte le losteggiate della prima stagione sul canale LOST ENCORE di YouTube. Per altre informazioni, domande o segnalazioni, potete scrivere alla casella mail: lostproductiontv@gmail.com.

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, sezione Scelte Ecosostenibili

“L’albero della vita” – metodo e tecniche

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Lo scienziato russo A.Petrov fondatore dell’ “Albero della Vita” insieme a G. Grobovoj hanno diffuso le conoscenze sulle bio informazioni. Attraverso le sequenze numeriche e inedite tecniche si apprenderà un potentissimo strumento del processo di auto guarigione ed espansione delle facoltà umane.
La radice e fondamento del metodo si baserà sulla comprensione delle relazioni e connessioni fra coscienza, spirito e anima.
Due giornate per conoscere le basi dell’insegnamento, attivare la coscienza, imparare ad usare la nostra energia con la formatrice certificata Martina Kafol.

Fisiolab di Borgo Ticino (NO)
14-15 ottobre
Per info e prenotazioni: Raffaele Amodio 320.7072543
www.fisiolabnovara.it

Camminiamo le parole… insieme

di Rossana Vanetta

“Non mi annoiano i paesaggi tutti uguali,
ho piuttosto un’avversione a questi centri commerciali”

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Così canta Pollio, frontman degli Io?Drama, band del sottobosco musicale indipendente italiano. Questi versi mi ronzano in testa da qualche giorno, probabilmente dopo la notizia che un nuovo centro commerciale sta per aprire a Novara. E io sento un pezzo della mia (nostra) missione allontanarsi: vedo il cammino dell’umanità sempre più vicina ad una realtà che proprio non riesco a farmi piacere. Sembra continuare la vittoria sfacciata del capitalismo. Cemento contro terra, denaro contro Natura, consumismo contro il tempo delle persone, la qualità della nostra vita e contro il senso stesso della vita. Perché se trovarne un significato ultimo è un enigma che non risolveremo forse mai, non è di certo nella perdizione incosciente nei beni materiali o nel percorrere binari imposti da una società che non abbiamo scelto ad elevarci nella nostra evoluzione umana.
Spesso siamo obbligati a compiere scelte non propriamente nostre, solo per sopravvivere.
Intraprendere un lavoro che non ci piace, vivere in una determinata città, acquistare oggetti e macchine di cui in realtà vorremmo fare a meno. Ed è questa la crisi, che non è solo economica, ma sociale, personale. Eppure la crisi, per quanto dolorosa è un elemento positivo. “Ogni crisi conduce ad un arricchimento”, scriveva Renè Dubos, filosofo e ambientalista del secolo scorso. Il termine crisi viene dal greco krìsis, letteralmente “scelta, decisione”. Già possiamo avere un’immagine più costruttiva di questo momento delicato. Se associamo poi la crisi ad un momento “crisalide”, fase apparentemente di stallo ma indispensabile, che permette al bruco di divenire farfalla, riusciamo addirittura a ringraziare le nostre crisi personali. È proprio vero che nei momenti più bui arrivano le idee più illuminanti, perché è per fuggire da una situazione che non ci appartiene che la nostra mente trova la scappatoia, la risposta, il vero interesse, anche solo l’hobby che ci salva la vita.
Ad un anno e mezzo dal primo numero di questa rivista e dopo tante, tantissime, soddisfazioni, soprattutto da parte vostra – decine di migliaia di lettori che ci seguono ogni mese – la redazione passa un periodo di piccola krìsis, di scelta, anche perché ci troviamo ad osservare un flusso di capitale di mercato che invece di dirigersi verso progetti virtuosi o ecosostenibili, si muove lungo le solite traiettorie degli interessi commerciali. Ma per noi è uno stimolo per continuare a credere nella possibilità di crescere come farfalle e a lavorare con tutti voi.
Ed ecco che arriva il momento di una chiamata alle armi: we want you!
Ci piacerebbe che questo giornale fosse più compartecipato, vogliamo sentire la vostra voce.
Vorremmo ricevere le vostre storie da raccontare, i vostri eventi da condividere. Ci piacerebbe ascoltare idee, progetti, suggerimenti, sapere cosa vi piace o non vi piace del giornale. Insomma, il nostro nuovo sogno è quello di crescere insieme e costruire la nostra realtà!
Fatevi avanti: anche un piccolo pensiero può essere una grande risorsa per tutta la comunità. Per chi ancora è indeciso su cosa raccontarci, all’ultima pagina della rivista questo mese e qui troverete un piccolo sondaggio, ci piacerebbe sentire la vostra opinione.
Attendiamo con ansia i vostri contributi all’indirizzo mail viveresostenibile.altopiemonte@gmail.com o sulla pagina facebook Vivere Sostenibile Alto Piemonte.
Passiamo dal parlare al fare e come dicono i nativi d’America, è tempo di “camminare le proprie parole”!

“...Una civiltà non può mai diventare una catena. Perciò il mio pessimismo sull’immediato futuro sfocia in un ottimismo profondo. La forza delle circostanze costringe l’uomo a inventare soluzioni nuove”.
– René Dubos

Articolo di Vivere Sostenibile Alto Piemonte, edizione Ottobre 2017, editoriale

Ottobre in tutti i punti distribuzione

È uscito il numero di Ottobre!
Parliamo di benessere, alimentazione autunnale, viaggiare sostenibile, eventi sul territorio e tanto altro. Vivere Sostenibile Alto Piemonte nasce proprio per questo: unire i diversi settori, le diverse attività e coloro che le portano avanti per amplificare la voce del progresso sul territorio nel quale viviamo… un progresse che DEVE essere più sostenibile! Questo mese abbiamo preparato anche un sondaggio al quale chiediamo a tutti i nostri lettori di partecipare, per migliorare e rinnovare la rivista, a quasi due anni di attività in costante aumento nell’Alto Piemonte.

Lo trovate all’ultima pagina interna della rivista o qui.

Buona lettura a tutti voi ❤

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